Lettera aperta

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So che può sembrare melenso e scontato ma fin da piccola la necessità di accudire gli altri è sempre stata parte di me, mi prendevo cura della mia famiglia con piccole attività di assistenza nei loro confronti, soprattutto verso il mio babbo. Un pomeriggio lo sentii elogiarmi con un suo amico raccontandogli quello che facevo per lui. Il suo amico gli disse : “ perché non fai fare il corso da infermiera a tua figlia?”.
Il sogno del mio babbo era che facessi la marmista con lui continuando la sua arte … ma prese con me informazioni sul percorso scolastico per diventare infermiera e alla fine … sono entrata alla scuola infermieri (non era ancora università!).
All’11 novembre 2022 sono trent’anni che sono infermiera. Scrivo “SONO” poiché credo fortemente che essere infermiere sia non solo un titolo che ti consente di svolgere una professione ma un insieme di valori che ti rendono tale, SEMPRE, sia fuori che dentro l’ospedale.
Io, nel mio quotidiano, cerco di trasmettere alle persone che mi sono vicine il mio sapere professionale che è la mia vita .
Ho tanti ricordi di questi miei primi trent’anni, uno dei più belli che ho è di quando lavoravo in Chirurgia Generale, i ricoveri erano ancora lunghi e quindi gli assistiti avevano il tempo di conoscerti. Rientrando in servizio nel turno di lavoro successivo quando qualcuno di loro mi diceva: “oh! che bello! oggi ci sei tu!” era una gioia indescrivibile; è questo che mi ha fatto sempre continuare con entusiasmo nella mia professione.
Il contatto umano, il sorriso, poter alleviare la sofferenza anche solo con una parola è stato per me fondamentale.
Ricordo di una paziente che doveva sottoporsi ad un intervento e di aver accolto la richiesta di aiuto dietro la sua agitazione. Ho trascorso tempo con lei raccontandole la mia esperienza (a 14 anni ho subito asportazione di cisti ovarica, annesso ed appendice) e sono riuscita ad attenuare le sue paure.
O come in un altro episodio in cui ero in servizio presso la Chirurgia Vascolare e un signore avrebbe dovuto sottoporsi ad intervento di aneurisma dell’aorta addominale, aveva studiato nel dettaglio i rischi elencati nel consenso informato….la sera prima dell’intervento siamo stati a parlare per quasi tutta la notte e al mio rientro il turno successivo mi ha ringraziato dicendomi quanto fosse stato utile per lui aver parlato con me. Era presente la sera che ho ricevuto la notizia del decesso di mio padre e da allora siamo ancora in contatto.
Il mio babbo è sempre stato orgoglioso della mia professione … anche essere infermieri è arte … se lo si fa non solo con le conoscenze ma abbracciando totalmente il concetto di CARING.
Il caring è una pratica recente ma io, pur non avendola studiata nella mia formazione di base, l’ho sempre applicata. Il caring è il termine che secondo me meglio risponde alla domanda “perché essere infermiere”.
Sono sempre rimasta delusa da coloro che mettono in pratica le loro conoscenza solo meccanicamente o che si lamentano del poco tempo per instaurare una relazione umana e mi auguro che tutti coloro vogliano intraprendere questa professione tengano sempre a mente questo concetto fondamentale come si evince all’articolo 4 del Codice Deontologico: “Il tempo di relazione è tempo di cura”.

 

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